Chiesa Sant'Agata dei Goti
giugno 30, 2021Passeggiando per il rione Monti,
nella zona della Suburra, capita di imbattersi in una di quelle chiese “minori”
di Roma che in pochi conoscono. In realtà non la conoscevo neanche io e,
passandole accanto, quasi non sarei entrata, se non mi fossi accorta che dal
portale, che apre sulla strada, non si entra direttamente in chiesa. Da questo
portale si accede, infatti, ad una doppia rampa di scale, che introducono ad un
quadriportico, dove si ha la netta sensazione di avere abbandonato i rumori e la
confusione della città.
Nel medioevo, a Roma, almeno dieci chiese erano dedicate
al culto di Sant’Agata; di queste oggi ne restano solo due: Sant’Agata in Trastevere e
Sant’Agata dei Goti, nel rione Monti. La chiesa è antichissima, risalente a
tempi anteriori al V secolo, periodo in cui il console dell’Impero d’Occidente,
Flavio Ricimero, la fece abbellire, a sue spese, per donarla ai Goti, come
luogo di culto per la loro comunità, che praticava l’Arianesimo, (eresia del
Cristianesimo basata sulla negazione della consustanzialità di Cristo con il
Padre). È l’unica testimonianza rimasta a Roma del culto ariano praticato dalla
comunità gotica romana. Sconfitti i Goti ad opera dei Bizantini, la chiesa
venne consacrata nel 593 al Cattolicesimo da papa Gregorio Magno, con il titolo
di “San Sebastiano e S. Agata”.
Si narra che questo passaggio non avvenne, però, senza
resistenza da parte del diavolo che, impossessatosi di una prostituta, per tre
giorni lanciò urla e gemiti, nei dintorni della chiesa e tutta la zona
circostante fu avvolta in una spessa nuba di zolfo. Al terzo giorno scese dal
cielo una nube che profumava di gigli, rose, viole e incenso che andò a posarsi
sull’altare maggiore. La santa alla quale la chiesa è dedicata è una della più
famose dell’antichità cristiana, martirizzata, secondo la tradizione, perché rifiutò
il corteggiamento del console Quinziano, che la denunciò come cristiana e per
questo venne torturata e, infine, arsa viva.
L’anno seguente alla sua morte, l’Etna
eruttò violentemente e minacciò di distruggere Catania, la città natale della Santa.
I fedeli portarono allora il velo candido della martire davanti al magma
infuocato, che si arrestò. La chiesa venne ricostruita nel 1633 e della antica
costruzione restano soltanto il fianco destro, l’abside e parte del complesso
strutturale. La facciata è opera di Francesco Ferrari che la eresse nel 1729 e
suo anche il rilievo in stucco sopra il portale che raffigura “Sant’Agata tra
due cherubini”.
Come abbiamo detto dal portale si accede, tramite una doppia
rampa di scale, ad un quadriportico, situato ad un livello inferiore rispetto
alla strada, e sotto le cui arcate vi è un piccolo museo lapidario. Al centro
del cortile un grazioso pozzo cinquecentesco con la scritta “SEMPER” ed uno
stemma mediceo, che fa supporre di essere stato costruito in occasione della
visita di Clemente VII de’ Medici al cardinale Nicolò Ridolfi, rettore della
chiesa.
L’interno della chiesa è a tre navate divise da arcate su colonne con capitelli
ionici e pulvini in stucco del Seicento. Sono ancora evidenti le strutture del
V secolo: l’abside e il lato destro della chiesa. Al centro della navata centrale si può ancora ammirare parte del bellissimo pavimento cosmatesco, risalente alla seconda metà del Quattrocento e realizzato per volontà del cardinale Francesco Gonzaga e,
sempre cosmatesco, è anche il ciborio del XII secolo, che vediamo sull’altare
maggiore, con quattro colonnine in pavonazzetto con decorazioni cosmatesche e
copertura a tempietto.
Nel XVI secolo il
catino asbidale crollò, comportando la perdita del mosaico antico, che fu sostituito
con l’affresco raffigurante la “Gloria di Sant’Agata” eseguito da Paolo
Gismondi nel 1636. A destra dell’altare, nella cappella a lei dedicata, una
bella statua in legno dorato della Santa.
(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma almeno
una volta nella vita)
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