Galleria Nazionale Arte Antica a Palazzo Barberini

maggio 09, 2020


Il grandioso palazzo Barberini, oggi sede della Galleria Nazionale di Arte Antica, su via delle Quattro Fontane, fu eretto nel 1625, due anni dopo l’elezione a pontefice di Maffeo Barberini, con il nome di Urbano VIII. Egli acquistò per i nipoti, investiti di cariche e onorificenze, una villa sul colle del Quirinale, appartenente agli Sforza, incaricando Carlo Maderno di farne il nuovo palazzo di famiglia. L’idea originale dell’architetto fu quella di inglobare la villa nel nuovo progetto architettonico: l’ala Sforza, che è quella che oggi affaccia sull'attuale Piazza Barberini, venne collegata ad un’altra ala, parallela, mediante un braccio centrale.


L’edificio assume così una forma ad “H” che è assolutamente innovativa per l’epoca. La struttura ad ali aperte incornicia un vastissimo giardino, con piante rare, cortili segreti e giardini all'italiana.


Alla morte del Maderno, subentrò alla direzione dei lavori, Gian Loreno Bernini, che mantenne sostanzialmente il progetto originario, disegnando, molto probabilmente, la loggia vetrata che s’innalza sulla facciata porticata


e la scala quadrata dalla quale si accede al maestoso salone di rappresentanza affrescato da Pietro da Cortona,


raggiungibile anche dalla scala elicoidale disegnata da Francesco Borromini.


La Galleria Nazionale d'Arte Antica nasce ufficialmente nel 1893, a palazzo Corsini dopo che, alla collezione donata allo Stato dieci anni prima dal principe Corsini, si era aggiunta nel 1892 la Collezione Torlonia e negli anni successivi le collezioni Chigi, Hertz, Monte di Pietà ed altre. Il palazzo, a causa degli spazi ridotti, risultò presto inadeguato, soprattutto quando iniziarono ad affluire sempre più numerose le donazioni e gli acquisti statali. Lo stato acquistò nel 1949 il Palazzo Barberini, destinandolo a nuova sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica.


Non tutti sanno, però, che il palazzo, nel 1870, rischiò di diventare la sede principale del Regno d’Italia, al posto del Quirinale. Subito dopo la presa di Roma, infatti, il governo di Vittorio Emanuele II valutò quale potesse diventare, nella nuova capitale d’Italia, la residenza del re. I ministri Giovanni Lanza e Quintino Sella pensarono proprio a palazzo Barberini, che era sufficientemente sontuoso e che, all'epoca, era dotato di un vasto giardino, esteso fino all'attuale largo di Santa Susanna. Ma al tempo, il principe Barberini, fedele al papa, iniziò una paziente opera di ostruzionismo. I fatti però precipitarono: i bersaglieri entrati in città trovarono libero il Quirinale e vi si insediarono per ragioni di ordine pubblico. L’ostinazione di papa Pio IX indusse poi il governo a rendere definitiva quell'occupazione e l’ipotesi di palazzo Barberini come sede fu accantonata, in favore del Quirinale che divenne la residenza ufficiale del re. Visitando oggi il bellissimo palazzo si trovano numerose tracce della nobile famiglia, a partire dalle celebri api ritratte nello spettacolare affresco realizzato da Pietro da Cortona nel 1640, nel maestoso salone.


Le proporzioni degli insetti sono ragguardevoli: grandi come uccelli, mostrano le insegne di papa Urbano VIII. Altre api, in pietra, ornano varie parti del palazzo e del giardino. 


Il Museo, che occupa quasi interamente il primo piano del palazzo, raccoglie opere di grandi maestri della pittura italiana e straniera, dal XIII al XVIII secolo, fra cui Raffaello e la sua celebre "Fornarina"


Caravaggio con "Giuditta e Oloferne"


Tiziano con "Venere e Adone"


il presunto Guido Reni con la meravigliosa e struggente "Beatrice Cenci";


dico presunto perché a seguito di recenti studi e valutazioni, si iniziò a pensare che l’attribuzione al pittore bolognese fosse troppo forzata. Per dipingere Beatrice, Guido Reni avrebbe dovuto averla vista, ma le fonti non lo danno a Roma prima del 1600 e, a quella data, Beatrice era già stata giustiziata. A questo punto anche la datazione del dipinto, 1599, sarebbe piuttosto strana. Quando avrebbe, pertanto, visto e conosciuto la giovane? E qui entrano in gioco quelle teorie che attribuiscono il dipinto alla pittrice bolognese Ginevra Cantofoli, poiché osservando il dipinto di Roma, è impossibile non notare la stessa mano che ha dipinto “Testa di ragazza”, oggi conservata a Cremona.


I due volti sono assolutamente simili, probabilmente sono la stessa modella. Quindi quel volto rappresenterebbe un’ideale Beatrice e non le sue reali fattezze.  O forse non rappresenta affatto la giovane, ma è stata la critica nei secoli successivi a dare codesta attribuzione. Il secondo piano ospita una raccolta di dipinti del Settecento. Fra le varie sale sontuosamente decorate, vi è il grande salone centrale, che occupa l’intera altezza dell’edificio.


Nel tetto del salone si può contemplare un affresco monumentale di Pietro da Cortona, che offre uno dei migliori esempi d’illusionismo barocco.


(Fabrizio Falconi - Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma)
(Scopriroma.com)

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