Le Terme di Caracalla

aprile 17, 2021

Ancora oggi, andare a Caracalla, passeggiare nel parco che circonda le terme e godere della scenografia che offre uno dei più grandiosi monumenti della Roma imperiale, è un’esperienza unica e rilassante, come doveva esserlo all’epoca della loro apertura, quando l’imperatore, nella sua magnanimità per nulla disinteressata, offrì praticamente gratis un luogo dedicato al riposo, allo svago, alla cura del corpo e della mente, grandi spazi dove riunirsi e socializzare. Le Terme di Caracalla o Thermae Antoninianae, dal nome della dinastia, si concedono oggi in tutta la loro bellezza, in quanto ampiamente preservate e collocate in un sito che non ha subìto un’urbanizzazione invasiva. Costruite fra il 212 e il 217 d.C. dall’Imperatore Caracalla (Marco Aurelio Severo Antonino Bassiano) il cui vero nome, alla nascita, risultava essere quello di Lucio Settimio Bassiano, che il padre volle in seguito cambiare in Marco Aurelio Antonino, per suggerire una parentela con la dinastia degli Antonini, in particolar modo con l'imperatore Marco Aurelio. Fu poi soprannominato "Caracalla", poiché soleva indossare un particolare mantello con cappuccio, di origine celtica, che introdusse egli stesso a Roma. Rappresentano uno degli edifici imperiali meglio conservati dell’antichità. Per alimentarle fu appositamente costruito un ramo speciale dell’Acqua Marcia, di cui abbiamo una testimonianza nel vicino Arco di Druso, che si trova in via di San Sebastiano vicino alla omonima porta.


Rimasero in funzione fino al 537 d.C., quando vennero tagliati gli acquedotti ad opera di Vitige, capo dei Goti. Durante il periodo di abbandono, furono cimitero, abitazione e vigneto. Come tutti i grandi monumenti dell’antichità divennero cava di materiali pregiati per il riutilizzo edilizio (con i suoi materiali fu ricostruita Santa Maria in Trastevere nel XII sec.) e numerosi oggetti di particolare valore artistico, vennero destinati ad abbellire piazze e palazzi, come la colonna di granito che si trova ora nella piazza della Santissima Trinità a Firenze, o le due grandi vasche di granito grigio che ora sono le due bellissime fontane di piazza Farnese a Roma. 


Celebri statue che qui furono ritrovate, sono andate ad arricchire le collezioni delle potenti famiglie, come quella dei Farnese, con opere che ora si trovano al Museo Archeologico di Napoli. Fu per molto tempo anche una calcara il luogo, cioè, dove il marmo veniva trasformato in calce.


Erano uno dei luoghi d’intrattenimento preferiti dagli antichi romani, aperte a tutti, dove poter curare la propria igiene e migliorare le relazioni sociali. Uomini e donne potevano accedervi in orari diversi, di solito la mattina per le donne e il pomeriggio per gli uomini. Negli spazi recitati delle terme, si poteva, non solo utilizzare i bagni pubblici, ma anche dedicarsi allo sport, alla lettura o semplicemente passeggiare fra i giardini.


Le misure sono notevoli: 337x328 tutta la parte recitata, 220x114 il corpo centrale dell’edificio termale vero e proprio. Del recinto esterno ormai non resta quasi più nulla. Nei due lati corti vi erano due grandiose esedre, con all'interno una sala absidata, preceduta da un colonnato e fiancheggiata da due ambienti minori. Sul lato lungo, di fronte all'impianto termale, erano disposte le grandi cisterne, capaci di contenere ben 80.000 litri di acqua, sapientemente nascoste da una specie di stadio, mancante di un lato, munito di gradinate. Ai due lati, due sale absidate, avevano funzione di biblioteca, mentre tutto lo spazio fra il recinto e il corpo centrale era adibito a giardini.


Sicuramente vi era anche una parte superiore del recinto, una sorta di passeggiata porticata lungo tutto il perimetro. Nel corpo centrale si entrava attraverso quattro porte; due entravano direttamente in palestra, le altre due aprivano sui vestiboli, i quali avevano un’apertura tramite un portico a quattro colonne, anche sulla “natatio”. Dal vestibolo si passava nell’”apodyterium”, ossia lo spogliatoio, e da qui si entrava in palestra. Questa era un cortile scoperto di m 50x20, dove un ambiente porticato, coperto a volta e pavimentato in mosaico policromo a squame, fungeva da spazio dove eseguire gli esercizi. Alle spalle dell’ambiente porticato, sul lato lungo, era situata una lunga sala tripartita absidata al centro, mentre di fronte, si apriva un grande ambiente ad emiciclo coperto da una semicupola e nicchie alle pareti.


Su uno dei lati corti della palestra, quello vicino allo spogliatoio, c’erano tre ambienti uno di fianco all'altro, pavimentati con mosaico bianco e nero e coperti con volte a crociera. Il percorso invece proseguiva dal lato opposto, dove erano disposte quattro sale di forma e dimensione diverse, riscaldate e con dei piccoli ingressi obliqui, che avevano il compito di trattenere il più possibile il calore, evitandone la dispersione. La seconda sala in cui si entrava, rettangolare con due lati curvi, era il “laconicum”, ovvero il bagno turco. Il percorso eseguito fino a questo punto era perfettamente identico anche dall'altro lato. Ora inizia un percorso unico: il “calidarium” era una grande sala circolare di 34 metri con al centro una grande vasca di acqua calda, dove potersi immergere, e fare assorbire dal corpo l’umidità dei vapori, aspergendosi con acqua e soda (che veniva utilizzata al posto del sapone) e detergendosi con lo “strigilis”, ossia un raschiatoio di metallo che era adatto per eliminare l’unto lasciato dagli oli e unguenti vari, usati in palestra per ammorbidire la pelle. Nelle nicchie lungo il perimetro erano collocate altre vasche.


La sala era orientata a S/O per catturare al massimo i raggi del sole e ingressi molto stretti per evitare la dispersione del calore. Si passava poi nel “tepidarium”, più piccolo e temperato, con vasche di acqua tiepida per abituare il corpo lentamente al cambio di temperatura, e si arrivava al “frigidarium”; questo salone, chiamato anche basilica, era il punto focale del complesso. Presumibilmente coperto, aveva quattro vasche di acqua fredda negli angoli, dove rinfrescarsi. All'aperto invece la “natatio” dove terminava il rito del bagno in una piscina d’acqua freddissima.


Nel lato lungo della piscina, a confine con la basilica, si aprivano due grandi absidi inquadrate da coppie di colonne di granito (che ora si trovano nella chiesa di Santa Maria in Trastevere e una, come dicevamo prima, a Firenze), mentre sul lato opposto correva una grande parete rettilinea scandita in verticale in tre sezioni da gigantesche colonne e in orizzontale, su due ordini, si aprivano 18 nicchie, 3 inferiori e 3 superiori per ogni sezione, che probabilmente accoglievano altrettante statue. Dopo il bagno si tornava nelle sale laterali della basilica, dove si potevano effettuare massaggi rilassanti con oli profumati, oppure ci si poteva far depilare o tagliare i capelli.


Poi si poteva passeggiare in giardino, leggere in biblioteca, o semplicemente fare bagni di sole. Sotto tutto ciò, c’era il cuore pulsante, il luogo dove lavoravano centinaia di schiavi e operai specializzati, in grado di far funzionare la straordinaria macchina tecnologica delle Terme: i sotterranei.


Erano un complesso poderoso, un grande capolavoro dell’ingegneria e dell’architettura romana costituiti da una serie di ambienti e corridoi che permettevano il passaggio di carri traiani da muli, utilizzati per il carico e scarico delle merci o della biancheria usata, gettata direttamente dai piani superiori attraverso delle botole. Conservati per circa due chilometri, vi erano sistemati anche i forni con i relativi depositi di legname e la fitta rete di condutture che portavano l’acqua calda alle varie vasche e fontane.


Addirittura, nei sotterranei sono stati rinvenuti un mulino e un Mitreo, uno dei più grandi conservati nella città di Roma, purtroppo non visitabile.





(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)
(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma)
(romasegreta.it)








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