L'Orto Botanico di Roma

giugno 07, 2021

Approfittando di una meravigliosa giornata di sole di una primavera che quest’anno tarda ancora a voler arrivare definitivamente, mi sono recata alla visita dell’Orto botanico di Roma. È incredibile anche solo immaginare che nel pieno cuore di un rione così vivace, come può esserlo Trastevere, esista una tale oasi di pace e tranquillità.


La sua istituzione ha origini molto lontane, quando nel 1277 Niccolò III decise di realizzare, in Vaticano, uno spazio per coltivare piante, composto da un viridarium, con alberi diversi, un pratellum, con piante erbacee e una fontana. Nacque quindi in Vaticano un primo esempio di Orto Botanico dove, col tempo, si iniziò a coltivare piante medicinali, che venivano definite “semplici”, dalle quali si estraevano i principi attivi per i medicamenti dell’epoca.


Nel 1514, papa Leone X istituì presso l’Università la prima cattedra per l’insegnamento delle piante medicinali, che veniva chiamata Lettura dei Semplici. Pian piano l’Orto botanico si arricchì di piante esotiche provenienti dal Nuovo Mondo, l’arte e lo studio della botanica furono sempre più studiate e approfondite e iniziò anche un’importante opera di catalogazione, da parte del toscano Michele Mercanti, anche se il primo a denominare la materia “botanica” fu Giovanni Faber, direttore dell’Orto botanico in Vaticano dal 1601 al 1629. 


Quando i papi si trasferirono al Quirinale, l’Orto botanico venne lasciato in totale abbandono e fu allora che Alessandro VII Chigi fece dono all’Università di un’area sul colle Gianicolo, dove furono trasferite tutte le piante cresciute nel frattempo in Vaticano, grazie anche al ripristino dell’acquedotto di Traiano che prendeva acqua dal lago di Bracciano. Ma non era ancora la sede attuale, due secoli dopo l’Orto Botanico venne sistemato nel giardino di Palazzo Salviati (all’inizio di via della Lungara) e, ancora, nel 1876 trasferito nel convento di San Lorenzo in via Panisperna. Finalmente, nel 1883, l’Orto botanico trova la sua sede definita nel giardino di Villa Corsini alla Lungara, acquistata dallo Stato dopo l’Unità d’Italia per realizzarvi la sede dell’Accademia dei Lincei.


Viene chiamato a dirigerlo un giovane e brillante studioso di Modena, Pietro Romualdo Pirotta, che curò il trasferimento delle collezioni da via Panisperna e grazie al quale possiamo oggi ammirare meraviglie assolute: oltre tremilacinquecento diverse specie vegetali, alcune delle quali secolari; collezioni di importanti piante esotiche, grazie alla realizzazione della prima serra calda realizzata in Europa, dove  sono ospitate anche tantissime piante “succulente” nome senza dubbio più gratificante per definire le piante grasse, che non sarebbe male adottare anche in riferimento a sé stessi quando ci si sente fuori forma.


Nella serra sono conservate anche due vasche da bagno, utilizzate per le piante, ma che appartenevano alla regina Cristina di Svezia, nel periodo in cui visse a palazzo Corsini tra il 1659 e il 1689. Percorrendo, quindi, la stradina silenziosa che parte da via della Lungara, a pochi passi da porta Settimiana, si arriva all’entrata dell’Orto botanico e, proprio la vicinanza alla porta, ci ricorda che siamo nell’area archeologica degli Horti di Getae, su cui sorgevano le terme di Settimio Severo e di suo figlio Geta.


Entrando, si ha subito una sensazione di grande pace, gli unici rumori che si sentono sono i cinguettii degli uccelli e il frusciare delle fronde degli alberi.


Mi incammino lungo il viale centrale e poco dopo mi trovo immersa in un boschetto di bambù, altissimi e a quanto sembra molto bene acclimatati, tanto da crescere, in primavera, anche fino a 30 centimetri. Nel 2019 c’è stata la fioritura di un esemplare e la cosa è da considerarsi eccezionale, visto che normalmente i bambù fioriscono ogni 60/100 anni.


È poi la volta del roseto, con una vasta quantità di specie, dove i profumi si confondono e la sensazione è talmente inebriante, che ti porta a voler odorare ogni specie, per poterne individuare la profumazione.


Passeggio fra palme provenienti da tutto il mondo, alberi centenari, sequoie, ginko, felci; attraverso un boschetto ombroso, tra le aiuole del giardino mediterraneo e i giochi d’acqua di quello giapponese.


Visito il vigneto Italia: 150 varietà di viti in rappresentanza delle venti regioni italiane. Ad impreziosire il percorso alcune decorazioni realizzate da Ferdinando Fuga, come la fontana o lo scalone monumentale.


Arrivo poi nell’Orto dei Semplici, dove sono coltivate le piante medicinali, officinali, da “officina” cioè laboratorio farmaceutico.


Non si possono visitare le serre, in questo periodo di emergenza Covid, ma se ne individua la bellezza: c’è la Serra Corsini, come abbiamo detto, la prima serra riscaldata dell’Ottocento; la serra tropicale e l’antica serra monumentale, costruita nel 1877. 
 

Tante panchine disseminate lungo il percorso, permettono una sosta per il riposo e l’ascolto della natura, perché oltre alle piante, in questo luogo si coltiva anche tanta pace. Passeggiando per l’orto botanico, si passa in modo naturale da uno scenario all’altro: sembra quasi che qualcuno cambi lo sfondo fra un passo e l’altro.


Lo scopo attuale di questa istituzione può riassumersi principalmente in due obiettivi: cercare attraverso le moderne biotecnologie di salvare le specie in via di estinzione e promuovere l’educazione ambientale attraverso molte iniziative che coinvolgano i giovani, attraverso le scuole, ma anche tutti i cittadini di ogni ordine e grado.




(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili)
(Fabrizio Falconi - I misteri dei rioni e dei quartieri)
(ortobotanicoitalia.it)

You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI