La porta della disobbedienza

novembre 24, 2020


Di porta magica, a Roma, non c’è solo quella di piazza Vittorio. Ce n’è anche un’altra che non ha nulla a che vedere con l’alchimia, ma che rappresenta un accesso privilegiato a una storia incredibile, una storia tutta romana di resistenza, ribellione, tenacia, dignità. Una storia di prìncipi e princìpi. Tra i nobili è sempre valso il principio che per rendere manifesto il proprio potere, fosse necessario possedere un palazzo all’altezza del blasone. La scalata sociale si materializzava nella costruzione di una dimora di rappresentanza che facesse schiattare tutti d’invidia, imponente fuori e ricca dentro. Palazzo Farnese, Palazzo Pamphilj, Palazzo Barberini sono solo alcuni esempi. Nel Seicento la famiglia Altieri si era data molto da fare e, mettendo insieme diversi edifici, espropriando e demolendo, aveva edificato un grande palazzo di rappresentanza vicino alla chiesa del Gesù. quando nel 1670 Emilio Altieri divenne papa con il nome di Clemente X, quel grande palazzo non bastava più: la famiglia era al top, il potere era aumentato e la dimora dinastica andava necessariamente ampliata.


L’ampliamento avrebbe continuato a penalizzare le casupole del rione che malauguratamente si trovavano sulla strada degli Altieri, buttate giù a suon di espropri, minacce e picconate. Alla famiglia i soldi non mancavano: bastava acquistare gli immobili per poi buttarli giù e la cosa non era un problema. Difficile dire di no ai soldi, soprattutto se di soldi se ne hanno pochi, ma soprattutto difficile negare qualcosa al papa. Eppure, una persona ebbe il coraggio di dire di no. Ai soldi, alle minacce, al papa. Questa persona era Berta, una vecchia signora che abitava una delle tante casette che intralciavano gli ambiziosi progetti edilizi degli Altieri. Fu irremovibile: mai e poi mai avrebbe abbandonato la casa dove aveva vissuto con suo marito e dove voleva morire. I messi di Clemente X le tentarono tutte: cominciarono con allentanti offerte economiche, convinti che il denaro aprisse tutte le porte, ma avevano sbagliato porta. Allora passarono alle lusinghe, alle preghiere, alle intimidazioni e infine alle minacce, comprese quelle di morte. Berta era inamovibile e non cedette. Gli Altieri giocarono il jolly: il papa. Ma l’incorruttibile vecchietta passò al contrattacco, minacciando a sua volta: avrebbe maledetto la famiglia. Berta era già una maledizione per Clemente X, un ostacolo ai suoi programmi e così il papa decise di aggirare l’ostacolo con uno stratagemma che accontentasse tutti e che, nonostante potesse essere spacciato per un atto di benevolenza, di fatto era una resa bella e buona alla volontà della donna: i lavori per il palazzo sarebbero proseguiti, inglobando la casa di Berta nella costruzione.


Alla fine, gli Altieri raggiunsero l’obiettivo e ottennero il loro gigantesco palazzo, simbolo inequivocabile del raggiunto prestigio le cui proporzioni enormi ancora oggi incutono soggezione. Ma in quel palazzo, simbolo di potere, la misera casa della tenace vedova di un ciabattino, rappresenta il simbolo di un potere ancora più grande, quello di dire di no, di resistere, di esistere. Dimostra che è possibile rifiutarsi di aprire le porte all’arroganza del potere. Numerose fonti affermano che la porticina della casa della vecchia Berta sia ancora lì a disturbare l’eleganza austera di Palazzo Altieri, come un dito nell’occhio.


La cosa strana, però, è che secondo alcuni la sua piccola porta indipendente e la finestrella si trovano oltre la fascia bugnata sul lato del palazzo tra via del Plebiscito e piazza del Gesù, mentre altri la individuano nel porticino verde che affaccia su via di Santo Stefano del Cacco. Provate a cercarla e fatevi la vostra idea. Una cosa è certa: a distanza di secoli, la vecchia Berta e la sua casa continuano ad essere impertinenti e un po’ ribelli.




(Giulia Fiore Coltellacci – I luoghi e le storie più strane di Roma)

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