Santa Maria Antiqua al Foro Romano

luglio 02, 2020

(foto Carlo Pezzi)
Sedetevi comodi e abbandonatevi alla fantasia perché la storia di questa antichissima chiesa raggomitolata ai piedi del Palatino, la prima dedicata a Maria, ha dell’incredibile. Santa Maria Antiqua affonda le radici nella leggenda e le fondamenta nelle viscere della terra: la sua avventurosa esistenza è degna di un racconto fantasy. Cominciamo dalla leggenda, perché a lei si deve la costruzione della chiesa durante l’Alto Medioevo, un periodo che profuma di favola. Si dovrebbe parlare di miracolo, dal momento che il protagonista della vicenda è un papa, papa Silvestro I: amico di Costantino, suo salvatore, artefice della presunta conversione, fu il primo vescovo di Roma dopo l’editto di Milano, ovvero quando la città pagana lasciò il posto a quella cristiana.

(foto Internet)
Si dovrebbe parlare di miracolo, dicevamo, ma la presenza di un drago nella storia, rende la faccenda più favolosa che miracolosa. C’era una volta un drago che aveva la sua tana nelle viscere del Foro romano e da lì appestava la città con le esalazioni del suo fiato fetido, divorando chiunque gli capitasse a tiro. Pare che in un solo giorno sia riuscito a papparsi trecento persone. Costantino chiese aiuto a Silvestro, che si era già fatto notare per altre azioni miracolose. L’eremita dai superpoteri, ricevuti in sogno alcuni suggerimenti per domare il drago nientemeno che da Pietro e Paolo, prese in pugno la situazione e decise di affrontare la belva scendendo nella sua tana. Secondo la leggenda, armato solo di una croce e pronunciando litanie in onore della Vergine, come fossero formule magiche, scese 365 scalini, un numero simbolico in quanto corrispondente ai giorni esatti impiegati da Silvestro per combattere la sua battaglia di cristianizzazione contro il paganesimo.

(foto Internet)
Ecco perché San Silvestro si festeggia il 31 dicembre, data che ad ogni modo coincide anche con la morte del papa. Scesi questi 365 gradini, probabilmente senza fiato per la fatica e per la puzza, il papa affrontò il drago nonostante la bestia, con gli occhi rossi e il corpo ricoperto di scaglie aguzze, si dimenasse pericolosamente, sbuffando fumo mefitico dalle narici. Seguendo i consigli di Pietro e Paolo, non si sa bene come, Silvestro domò il drago, lo rese innocuo come un cagnolino ammaestrato e, dopo averlo benedetto con l’anello papale, gli legò il muso con un guinzaglio improvvisato con un filo della sua veste per portarlo in superficie. Secondo una versione della leggenda, il drago fu ucciso dai fedeli di Silvestro che ne seppellirono il corpo sotto il tempio dei Dioscuri al Foro.


Secondo un’altra versione, la creatura sarebbe rimasta prigioniera per l’eternità sottoterra, chiuso dietro un enorme portone. Ad ogni modo, per mettere una pietra sopra la faccenda e sopra la tana del drago, Silvestro volle che lì sorgesse un luogo di culto in onore della Madonna, che lo aveva protetto durante questa coraggiosa missione, degna di un mago della saga di Harry Potter. La chiesa fu edificata nel VI secolo sfruttando alcuni ambienti di un edificio imperiale di epoca domizianea. Al di là della fantomatica tana del drago, la scelta del luogo aveva un’evidente valenza storica e politica: nel bel mezzo del Foro romano, alle pendici del Palatino, sanciva la conquista definitiva della città imperiale da parte del cristianesimo sul paganesimo, con la Roma imperiale domata come il drago. Neanche Costantino aveva osato tanto costruendo un luogo di culto nel cuore dell’Urbe. Santa Maria Antiqua è il primo e più importante monumento cristiano del Foro, la bandiera sulla luna.

(foto Internet)
Dopo questo esordio mitico, la vita di Santa Maria Antiqua è proseguita in modo non meno avventuroso. A metterla in ginocchio non fu un animale fantastico ma una calamità naturale, quando nell'847 venne sepolta da un terremoto. La chiesa fu abbandonata e la preziosa icona della Vergine con il Bambino, l’Imago Antiqua, forse la più antica esistente, fu trasferita insieme al titulus nella nuova chiesa che i papi vollero al suo posto, sempre al Foro: Santa Maria Nova, oggi Santa Francesca Romana. Sull’area della chiesa “antiqua” ne fu costruita un’altra, ribattezzata con il nome di Santa Maria Liberatrice, in memoria della Madonna e della prodigiosa impresa di papa Silvestro e di Santa Maria Antiqua si persero le tracce per secoli. Il nucleo originale fu riscoperto, per caso, solo nel Novecento, quando si decise di smantellare la chiesa di Santa Maria Liberatrice, ricostruita a Testaccio. Con Santa Maria Antiqua fu riportato alla luce, dopo un sonno millenario, il suo straordinario patrimonio pittorico, davvero unico al mondo, conservatosi in ottimo stato proprio grazie al terremoto che l’aveva sepolta.
(foto Carlo Pezzi)
L’eccezionalità degli affreschi, che tappezzano ogni angolo della chiesa – non solo le pareti, ma perfino le colonne – consiste nel fatto che sono stati realizzati in un arco di tempo che va dal VI all’VIII secolo, dando vita a una raccolta pittorica che consente di ripercorrere interi capitoli di storia, storia dell’arte e teologia. La straordinaria stratigrafia delle pareti è un esempio unico dell’arte altomedievale e bizantina a Roma, uno stile pittorico di forte ispirazione greco bizantina, altrove perduto a causa della furia iconoclasta. Le spettacolari, coloratissime, vivaci pitture rappresentano una vivida testimonianza del rapporto tra Roma e Bisanzio, Occidente e Oriente in un momento storico cruciale.

(foto Carlo Pezzi)
Nell’VIII secolo a Bisanzio il decreto imperiale di Leone III vietò di eseguire nuove pitture di soggetto sacro ordinando perfino di occultare e distruggere quelle esistenti: era scoppiata la lotto iconoclasta. A Roma la politica papale rispose con una strenua difesa dell’immagine sacra, oggetto di culto e devozione profonda. Gli storici hanno voluto vedere negli affreschi sacri di Santa Maria Antiqua quasi un gesto politico, una forte opposizione alla linea iconoclasta di Bisanzio, la precisa volontà di Roma di rimanere fedele a sé stessa. Da un punto di vista stilistico, il confronto tra le pitture di epoche diverse, ci parla dell’incredibile incontro tra il linguaggio dell’arte bizantina e quello dell’arte classica. Esemplare in questo senso è la cosiddetta “Parete Palinsesto”, a destra dell’abside, dove sullo stesso strato, ovvero sullo stesso livello, si trovano personaggi che appartengono a strati di pittura differenti, ad epoche differenti, a racconti differenti. I palinsesti erano antichi codici che venivano scritti, cancellati e riscritti nuovamente, riciclando lo stesso foglio di pergamena. Come gli amanuensi, anche i committenti di Santa Maria Antiqua hanno coperto e rinnovato le pitture con interventi che si sovrappongono strato dopo strato anche nell'arco di decenni rivelando importanti cambiamenti nello stile pittorico. Sul primo strato, per esempio, dove è raffigurata Maria Regina in trono con Gesù Bambino e un angelo alla sua destra, la Vergine è rappresentata come un’imperatrice di Bisanzio, ieratica, distaccata, ingioiellata e ingessata nelle sue ricche vesti, ma le cose cambiano decisamente nello strato successivo. Della scena dell’Annunciazione, dipinta sopra la Vergine in trono, rimangono solo due frammenti, il volto mutilo di Maria e la straordinaria figura dell’angelo, ribattezzato Angelo Bello, proprio perché in netto contrasto con lo stile ieratico e iconico della Vergine in trono. 

(foto Internet)
È la nascita di un nuovo linguaggio pittorico, più sfumato, morbido, vivo, naturalistico e umano, quello che troverà in Giotto il suo grande interprete. Lo sguardo dell’Angelo non è più perso nel vuoto come quello della Vergine in trono e richiama decisamente il gusto classico: ecco che il labirinto di strati e immagini della chiesa diventa la testimonianza dell’incontro tra Oriente e Occidente, pittura bizantina e gusto classico. In seguito alla sua riscoperta nel Novecento, dopo anni e anni di restauro, questa mitica chiesetta ai piedi del Palatino, la più bizantina di Roma, capolavoro dell’arte bizantina, suggestivo angolo di Medioevo nel cuore della Roma antica, una chiesa che ne ha viste di tutti i colori, tra draghi, eroi, miti, leggende, terremoti, demolizioni, lotte iconoclaste e chi più ne ha, più ne metta, è tornata patrimonio dell’umanità, è visitabile e anzi rappresenta un’occasione da non lasciarsi sfuggire per l’unicità e la ricchezza dei suoi affreschi che ne fanno un luogo insolito, unico, eccezionale, sospeso tra Roma e Bisanzio.

(foto Carlo Pezzi)


(Giulia Fiore Coltellacci - I luoghi e le storie più strane di Roma)

You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI