La Basilica di Massenzio

novembre 04, 2021

Entrando nel Foro Romano, appena passati sotto l’Arco di Tito, il primo grande monumento in cui ci imbattiamo è anche l’ultima grande costruzione in cui è tangibile il segno del genio costruttivo dei romani: la Basilica di Massenzio, ultima e più grande basilica civile dell’Urbe. Prende il nome da colui che iniziò a costruirla nei primi anni del IV sec., ma si potrebbe dire anche di Costantino, che fu colui che la terminò, apportandovi diverse modifiche, dopo aver sconfitto il nemico nella famosa battaglia di Ponte Milvio. 


Occupava gran parte della Velia, tra il tempio della Pace, già in stato di abbandono e il tempio di Venere e Roma, che invece era stato restaurato proprio da Massenzio. La basilica era a pianta longitudinale, a tre navate, di cui quella centrale più larga e più alta. Le due navate laterali erano divise in tre vani, sovrastati da volte a botte cassettonate, intercomunicanti tra loro. L’ingresso su uno dei lati corti (quello rivolto verso il tempio di Venere e Roma) opposto all’abside aperta sul lato corto opposto, divenne poi un modello di riferimento, insieme alla pianta longitudinale e alle tre navate, per le prime basiliche 
paleocristiane, che iniziarono ad essere edificate proprio per volere di Costantino.


Nell’edificio, si svolgeva l’attività giudiziaria del prefetto urbano. Colpisce ancora oggi, l’imponenza della struttura, che possiamo ben constatare nella gigantesca abside, negli enormi pilastri e nelle volte del soffitto, che sono le più grandi mai costruite.
 

Nell’abside si trovava la gigantesca statua di Costantino, scoperta nel 1487, la cui sola testa è alta m. 2,6 e il piede m. 2, che possiamo ammirare nel cortile del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Era una statua di tipo acrolito, cioè solo le parti visibile del corpo, (testa, gambe e braccia) erano in marmo, mentre il resto del corpo in bronzo dorato, che venne poi fuso e riutilizzato.


L’edificio crollò in parte con il terremoto nella metà del IX sec, ma soprattutto venne spoliata dei suoi materiali, per le nuove costruzioni papali, come ad esempio le lastre di bronzo dorato che ricoprivano il tetto e che furono fatte togliere da papa Onorio I nel 626 per ornare San Pietro. Si perse poi memoria del suo nome e divenne il Templus Urbis. Fu identificata agli inizi del XIX sec, da Antonio Nibby, anche se in contrasto con l’opinione di un altro studioso, Carlo Fea. Oggi, purtroppo, dell’enorme edificio, che misurava 100 m x 65 m, resta solo il lato nord. Le sue colonne di marmo proconnesio sono tutte scomparse, tranne una, quella che possiamo ancora ammirare al centro di piazza Santa Maria Maggiore, davanti all’omonima basilica, in cima alla quale fu fatta collocare la statua della Madonna, da Paolo V nel 1613.



(Giulia Fiore Coltellacci - 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)
(romanoimpero.com)

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