La Casina delle Civette

giugno 19, 2021

Tutte le fiabe iniziano con “C’era una volta…” e visto che anche qui si parla di principi e di una Casina che sembra uscita da un libro di favole, possiamo dire: C’era una volta, un principe fantasioso e malinconico che decise di andare ad abitare in una piccola costruzione appartata nel cuore del parco di famiglia. Il suo nome era Giovanni Torlonia, il quale, appena ereditò l’enorme proprietà di famiglia sulla via Nomentana, chiuse la villa neoclassica (il Casino Nobile) e intraprese un progetto davvero stravagante.


Dietro una collinetta artificiale, all’interno del parco della villa, esisteva, già dal 1840, un rustico che, per la sua forma, ricordava uno chalet svizzero ed era chiamato la Capanna Svizzera.


A partire dal 1908 il principe lo fece ricostruire come un castelletto, utilizzando un miscuglio di stili architettonici, che sembrano assemblati da un bambino capriccioso.


Solo dopo la morte del padre, però, convertì mura, pannelli di legno, intarsi, mobili e accessori in quello stile liberty, che proprio allora stava esplodendo in Italia. Senza dubbio gli animali preferiti dal principe Torlonia erano le civette, a giudicare dalla quasi ossessiva insistenza con la quale fece riprodurre l’uccello notturno in ogni angolo della casa.
 
Era un amante dei simboli esoterici e la civetta è un rapace notturno, da sempre venerato e temuto allo stesso tempo, simbolo di sapienza e presagio di sventura. L’artista Duilio Cambellotti realizzò una vetrata dedicata alle civette, che probabilmente è all’origine del nome della Casina stessa.


Negli anni seguenti il Torlonia commissionò una serie di opere d’arte in vetro. Coloratissime e tutte diverse per forme e dimensioni, vennero installate tra il 1908 e il 1930 e sono un “unicum” nel panorama artistico internazionale.


Furono realizzate dalla bottega del maestro vetraio Cesare Picchiarini, su bozzetti di due tra i più celebri esponenti del liberty romano, Paolo Paschetto e il su citato Duilio Cambellotti.


Nel 1925, per la cifra simbolica di una lira annua, il Casino Nobile viene affittato a Benito Mussolini e il principe si ritirò nel suo rifugio, restandovi fino alla morte, nel 1938. Poco dopo la sua morte, questo patrimonio rischiò di scomparire per sempre. Scoppiò la Seconda guerra mondiale e Villa Torlonia fu occupata dalle truppe anglo-americane che restarono dal 1944 al 1947, provocando cospicui danni all’intero complesso.


Terminato il conflitto, seguì un lungo periodo di abbandono, fino a quando il Comune di Roma, nel 1978, acquisì la proprietà della villa per farne un parco pubblico, ma senza curare la sorveglianza degli edifici che vennero letteralmente saccheggiati da parte di ladri, vandali e da “cacciatori” di souvenir.


Nel 1991 un incendiò devastò la Casina delle Civette, ridotta ad uno scheletro desolato. Sembrava irrecuperabile ma, fortunatamente, se ne intraprese un coraggioso restauro, grazie anche al minuzioso inventario che si era provveduto a stilare proprio poco prima dell’occupazione. Il restauro, che terminò nel 1997, fu lungo, paziente e meticoloso. Vennero ricostruite le splendide vetrate, grazie al ritrovamento dei bozzetti originali che, dopo la chiusura del Laboratorio Picchiarini, erano passati alla ditta Vetrate d’arte Giuliani.


A quel punto si pensò di creare un vero e proprio percorso museale, acquistando altre vetrate, firmate dagli stessi autori che decorarono la Casina, ed oggi la Casina delle Civette ospita l’unico museo dedicato alla vetrata liberty.




(Gabriella Serio – I tesori nascosti di Roma)
(Annette Klingner – 111 luoghi di Roma che devi proprio scoprire)

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