La chiesa delle cortigiane

agosto 02, 2020



La chiesa di Sant'Agostino sulla piazza omonima era l’unica di Roma a essere frequentata dalle cortigiane che avevano dei banchi a loro riservati. Compagne di artisti e scrittori e amanti di molti potenti, sedevano nelle prime file, non tanto per essere più vicine al Signore, quanto per evitare che i fedeli, guardandole, si distraessero dalle prediche e dalle sacre funzioni. Erano tutto sommato tollerate anche se, ogni tanto, avevano la sfrontatezza di presentarsi accompagnate dai propri nobili clienti, suscitando scandalo e alimentando piccanti pettegolezzi. Beatrice Ferrara, famosa cortigiana d’alto bordo, in una lettera a Lorenzo de’ Medici, racconta di come, insieme alle sue colleghe, si recasse durante la Settimana Santa ad ascoltare la predica nell'edificio sacro in Campo Marzio: e “così”, queste le sue parole “mezzo contrita mi confessai dal predicatore nostro di Sant'Agostino; dico nostro perché quante prostitute siamo in Roma, tutte veniamo alla sua predica, ond'esso, vedendosi sì notabile audentia, ad altro non attende se non volerne convertir tutte. Oh, dura impresa!”. L’amante di Cesare Borgia, la bellissima Fiammetta, aveva nella chiesa la propria cappella, mentre altre note “professioniste”, quali Tullia D’Aragona, Giulia Campana e Beatrice Pareggi, vi furono addirittura sepolte. Neanche a dirlo, ogni vestigia di queste signore è sparita all'interno di Sant'Agostino, le cui mura appaiono oggi rivestite di monumenti alla memoria di prelati senza macchia e di aristocratici romani. Ma in realtà, a ben guardare, vi sarebbe ancora una cortigiana che da più di quattro secoli, per un motivo o per un altro, fa parlare di sé. La donna è Maddalena Antognetti e si nasconde – neanche poi tanto – nelle fattezze della splendida Madonna dei Pellegrini, il capolavoro di Caravaggio, custodito nella Cappella Cavalletti, la prima che si apre sulla sinistra, entrando in chiesa. 


Amante prima del cardinale Montaldo, quindi di Monsignor Melchiorre Crescenzi, non si può dire che la giovane, detta anche Lena, fosse un volto sconosciuto in città. E difatti bastò esporre il dipinto, che immediatamente i romani riconobbero i suoi tratti provando un certo disappunto. Per Caravaggio fu una mossa rischiosa usarla come modella, considerato anche che il Concilio di Trento aveva specificamente bandito “tutte le lascive di una sfacciata bellezza dalle sacre figure”. Ma figuriamoci se l’indomito artista, per giunta con un debole per la bella Lena, si lasciava intimidire. Il quadro, quindi, suscitò nella chiesa l’ennesimo scandalo. È anche vero che lo “schiamazzo popolare” intorno all’opera si sarebbe verificato lo stesso, anche senza quel volto dal magnifico profilo greco. Il vero problema, infatti, era che ancora una volta Caravaggio estremizzava la rappresentazione del reale causando un forte turbamento tra i fedeli; il dipinto ritrae una Madonna troppo terrena, che si affaccia da una comune casa romana con in braccio, più che il Cristo, il suo bambino. Difficile per i romani dell’epoca raccogliersi in preghiera di fronte ad una composizione così sofisticamente aderente al vero e così magnificamente disarmante.





(Gabriella Serio - I tesori nascosti di Roma)

You Might Also Like

0 commenti

POST POPOLARI