Lapis Diaboli

dicembre 27, 2019


A Santa Sabina, contro la parete in cui si apre il grande portone d’ingresso, su un rocchio di colonna con scanalature elicoidali, c’è una grossa pietra di basalto nero, tonda e schiacciata come una forma di parmigiano. Lo storico vi dirà, con freddo distacco, che quell’affare è soltanto un peso di una antica bilancia romana: ma se si dovesse dar retta agli storici, più della metà della storia di Roma se ne andrebbe in fumo e sarebbe un grosso peccato perché è proprio la parte più bella, quella delle leggende e dei racconti di fantasia. Quindi ascoltiamo la versione, molto più attraente, che ci dà la tradizione: quella pietra è il “Lapis Diaboli”, ossia la pietra del Diavolo. Che ci fa, in una chiesa consacrata, un arnese del Diavolo? C’è una spiegazione anche a questo: San Domenico soleva pregare in questa chiesa e prosternarsi sulla lapide che copriva la cassa monumentale nella quale erano conservati i corpi di alcuni martiri. Tanta devozione, narra ancora la tradizione, dava fastidio al Diavolo che, maligno per natura, prese questa pietra e la scagliò con tutte le sue forze contro il pio Domenico; ma la mira del Diavolo non doveva essere buona, visto che la tremenda sassata non colse Domenico e, invece, fracassò la lapide. Ancora oggi si possono vedere i segni delle spaccature sulla lastra rotta in più di venti pezzi e ricomposta al centro della “Schola cantorum”, dove poi furono traslate le ossa dei martiri, e sulla pietra stessa alcuni graffi sembrano proprio lasciati da artigli giganti. 


Ma se ascoltate la versione dello storico, sentirete una spiegazione diversa: le crepe non sono state provocate dal Diavolo e dalla sua fortissima ma imprecisa sassata; la colpa è solo di un uomo, di Domenico Fontana, l’architetto favorito di Sisto V, che nell'eseguire lavori di restauro e trasformazione della chiesa, tolse i corpi dalla cassa monumentale e, nel far questo, spaccò la lapide e la buttò via. I frammenti furono ritrovati più tardi e ricomposti sulla parete della navata di destra. Poi furono di nuovo spostati al centro del coro. Ecco: basta questo piccolo richiamo alla realtà per rompere l’incantesimo e far perdere ogni interesse alla storia.



(Italo De Tuddo - I Diavoli del Pantheon e altre curiosità romane)

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