La Garbatella

settembre 18, 2020

È forse il quartiere, al di fuori del centro storico, più noto di Roma. Set ideale per film di grande successo come "Una vita violenta" di Pasolini, oppure "C’eravamo tanto amati" di Ettore Scola. Anche Nanni Moretti inizia qui il giro in vespa nel film "Caro diario" e ambienta alcune scene del precedente "Bianca" proprio tra le strade del quartiere. Il nucleo iniziale dal quale nacque la Garbatella si estende attorno alla caratteristica piazza Brin, il luogo nel quale è stata posta la prima pietra e avviati ufficialmente i lavori per la costruzione della nuova borgata dal re Vittorio Emanuele III in persona il 18 febbraio del 1920.
A ricordare l’evento c’è una lapide posta appena accanto all'arco d’ingresso sui lotti, in cui la Garbatella viene definito “aprico quartiere”, con una terminologia davvero d’altri tempi. Dall'altura si apprezzano i sapori e le atmosfere tipiche della zona. Sembra incredibile, eppure per poco l’odierna Garbatella non divenne il centro storico di Roma, o meglio di Remuria. La leggenda racconta di quando Romolo e Remo salirono su due colli distinti, per interpretare i segni divini e decidere chi sarebbe stato il fondatore della nuova città. Remo salì sulle alture della Garbatella (non sull'Aventino come sostiene Tito Livio) per fondare Remuria. Romolo, invece, scelse il Palatino per tracciare i confini di Roma. La storia, lo sappiamo, premiò Romolo che fondò la sua città. È questo il motivo per cui il nucleo originario di Roma si trova sul colle Palatino. Il povero Remo non vide mai fiorire la sua Remuria. Oltre ad essere morto ammazzato, dovette attendere quasi tre millenni per vedere Roma estendersi sulle alture, immaginate come fulcro della sua città. Quando, negli anni Venti, si edificarono le prime case, il nuovo quartiere rischiò di chiamarsi Remuria. Fortunatamente, si decise di mantenere il nome Garbatella, già in uso tra la popolazione per definire quelle alture.
Non abbiamo però certezza sull'origine di questo nome. L’ipotesi più fantasiosa, e sicuramente più allettante, è quella che lo lega ad una bella e garbata ostessa, proprietaria di una locanda, probabilmente situata, fin dalla metà dell’Ottocento, in via delle Sette Chiese. Ignorando il nome della ragazza, l’ostessa garbata e bella diventò “Garbatella”. La tesi più accreditata, invece, riconduce il nome a un tipo di coltivazione della vite in uso in questa zona. La vite non cresceva lungo ordinati filari ma veniva fatta rampicare sugli alberi. Era la cosiddetta “barbatella” per l’effetto che i grappoli avevano sull'albero, che sembrava avesse la barba e da barbatella a Garbatella, il passo è breve. Entrando attraverso l’arco, vi troverete davanti ad uno scenario che non richiama quello di una grande città, ma quello di un paese di campagna. Uno degli aspetti più originali e belli del quartiere è la sua architettura, definita Barocchetto Romano, che assieme ai suoi suggestivi scorci, ispira architetti e urbanisti di tutto il mondo, rendendo la Garbatella il posto ideale per una passeggiata tra arte e verde nella capitale.
Siete di fronte ai primissimi lotti realizzati, che possiedono un sapore ancora più campestre (tanto per rispolverare una terminologia antica), circondati da piccoli cortili.  Buffo che un quartiere pensato sul modello di quelli inglesi, con tanto di villette circondate da giardini, sia di fatto uno dei più "romani de Roma". Ma questa è la Città Eterna, dove tutto viene piegato a sua immagine e a quella dei suoi abitanti. Come abbiamo detto, l’idea di realizzare un nuovo quartiere caratterizzato da una serie di villini abitativi a due piani circondati da piccoli giardini e orti, ispirati alle “città giardino” inglesi, risale agli Anni Venti.
Nelle intenzioni degli urbanisti umbertini la zona avrebbe dovuto ospitare i futuri operai portuali di un’area in espansione dove si pensava di costruire un porto fluviale commerciale. Ma Roma non è una città che facilmente si adatta a piani urbanistici e la sua unicità consiste proprio nell'essersi sempre sviluppata spontaneamente, epoca dopo epoca. Così il progetto non fu mai portato a termine e il porto non si realizzò mai. Resta, però, l’originalità di un quartiere, il sogno di una città giardino a dimensione umana, che ebbe vita breve quando il duro e prepotente razionalismo fascista prese il sopravvento sulla compostezza bucolica del british style. Si costruirono palazzi sempre più grandi e alti, divisi in lotti e realizzati intorno a grandi cortili.
Ne sono un esempio i tre lotti chiamati Alberghi: Rosso, Bianco e Giallo, nei pressi di piazza Biffi, dove vennero in gran parte dirottati gli abitanti della Spina di Borgo sacrificata all'apertura di Via della Conciliazione.
Ma nel tempo la Garbatella è riuscita a rimanere fedele alla sua identità di villaggio di campagna. Difficile proporre un itinerario preciso, è bello girovagare e perdersi fra i lotti, ma ci sono punti che non bisogna perdere, quindi proseguendo oltre l’arco per via Luigi Orlando, arriviamo in Piazza Bartolomeo Romano al cospetto del celebre teatro Palladium, chiamato in origine Cinema Teatro Garbatella, che fu terminato nel 1930 ed è frutto dell’ispirazione dell’architetto Innocenzo Sabbatini.
Per la sua realizzazione l’architetto abbandona il barocchetto per ispirarsi all'architettura della Roma antica, con la sua forma convessa esterna che si adatta alla pianta ellittica della sala interna; un’altra peculiarità interessante del cinema teatro sta negli appartamenti sovrastanti: furono concepiti come alloggi per gli artisti. Prospiciente al teatro si trova il lotto 8, che divide via Edgardo Ferrati e via Luigi Fincati con l’entrata su quest’ultima. Questo è un lotto costruito fra il 1923 e il 1926 decisamente diverso rispetto all'edilizia basata sui villini circondati da cortili.  La popolazione della Garbatella stava crescendo notevolmente ed era necessario costruire edifici più grandi, per accogliere un maggior numero di persone ma, nonostante le grandi dimensioni, il lotto 8 non perde la sua gradevolezza estetica: grazie alla sua facciata, composta da una serie di balconi e di finestre, alcune ad arco, altre no, risulta essere un bell'edificio, con una grande corte interna, il cui perimetro è rappresentato dal palazzo stesso.
Passando per via Francesco Passino, svoltiamo a sinistra in via Vittorio Cuniberti, nella zona delle cosiddette “case rapide” costruite in tempi brevissimi con uno stile molto più sobrio e con materiali più economici rispetto al lotto originario di Piazza Brin. È però una zona molto affascinante, sembra un piccolo borghetto fuori città, con casette basse e i soliti cortili.
Mi intrufolo in quasi ognuno di essi, un po' timorosa di andare ad invadere la privacy altrui, ma sono affascinata dalla cura con cui sono tenuti, dalle belle piante e fiori e mi chiedo se la loro manutenzione è affidata all'esterno o è frutto della passione di qualche condomino. Attraversiamo ora la piazzetta Giovanni Masdea, tranquilla e silenziosa, ma invasa da macchine parcheggiate,
e arriviamo all'incrocio con via Magnaghi. Qui abbiamo cose interessanti sia da un lato che dall'altro, andiamo, quindi, prima a sinistra ed arriviamo proprio di fronte a quella che per gli abitanti del quartiere è semplicemente “la Scoletta”, ovvero la scuola dell’infanzia Luigi Luzzatti. L’edificio è una vecchia villa della nobiltà papalina del ‘500 che si chiamava Villa Rosselli ed era a sua volta edificata sui resti di una villa romana del I secolo d.C.
Torniamo indietro su via Magnaghi ed arriviamo dalla parte opposta, in piazza Sauli. Appena passati gli archi colpisce l’edificio che ospita la scuola “Cesare Battisti”, esempio di architettura razionalista “di stato” con la sua bella torre traforata. La prima cosa che salta all'occhio è la presenza delle quattro aquile littorie che incombono sull'edificio, altro chiaro segnale del razionalismo dell’architettura fascista, visibile anche dalla perfetta forma rettangolare della piazza e da un sistema di linee parallele evocate dalle panchine e dalle file degli alberi.
Torniamo nuovamente in via Magnaghi e giriamo poi a destra su via Giovanni da Montecorvino, fino ad arrivare alla scalinata tante volte inquadrata nella famosa serie dei “Cesaroni”, infatti è quella che conduce in Piazza Giovanni da Triora, dove era il Roma Club Garbatella, ora riconvertito proprio come “Bar dei Cesaroni”.
Da qui prendendo la via che ci troviamo davanti, via Giustino de Jacobis, arriviamo in piazza S. Eurosia, altra piazza storica della Garbatella, nonché sede di un luogo molto caro ai suoi abitanti: la “Chiesoletta” ovvero la Chiesa dei Santi Isidoro ed Eurosia, costruita nel 1818 per iniziativa di Monsignor Nicolai e restaurata dall'architetto Giuseppe Valadier.
L’importanza del luogo, però, non è solo dovuta al pregio architettonico, ma soprattutto al suo valore storico e simbolico, visto che era parte integrante di quel percorso che i pellegrini svolgevano su via delle Sette chiese. Sembra che proprio qui si incontrarono San Carlo Borromeo e San Filippo Neri, l’ideatore del “giro delle Sette Chiese”, e tale incontro viene ricordato dai due medaglioni che si trovano sul muro laterale della chiesa.
Come spesso accade a Roma, dal sacro al profano il passo è breve: una targa posta sempre sullo stesso muro, al di sotto di un’altra che identifica il sito come “Via Paradisi”, rappresenta una sorta di calendario con le seguenti scritte: “Insegnaci o Signore a contar i nostri giorni” e “E’ sempre l’ora per un buon bicchier di vino”.
Una curiosità: a Roma si dice “fare il giro delle sette chiese” quando si vuole indicare un modo di girare a vuoto per la città, senza sapere bene dove andare o quando si allunga inutilmente un percorso. Sempre nella piazza troviamo il famoso lotto 24, quello delle “case modello”, edificato in soli 5 mesi in occasione del XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e Piani Regolatori del 1929.
Tredici palazzine, circondate da cortili interni ricchi di piante e con una bella vista della cupola della chiesa parrocchiale di San Francesco Saverio. 
In questa piazza si trova anche il famoso arco sotto il quale passa Nanni Moretti, con la sua Vespa, nella famosa scena iniziale del suo film “Caro Diario”.
Pur se senza vespa, passo anche io sotto l’arco per percorrere via Rubino, altra piacevolissima stradina alberata, dove sbirciando qua e là, scovo la casa dei fratelli Cinelli,
partigiani antifascisti, martiri alle Fosse Ardeatine, ed entrando nei cortili, ne trovo uno completamente adibito a stenditoio.
La via finisce in piazza Giuseppe Sapeto, con le sue due palazzine uguali, diverse solo nella loro manutenzione: quella sulla destra appare restaurata e ridipinta.
Dai loro archi è possibile ammirare un panorama che non ha nulla a che veder con le vedute mozzafiato del Gianicolo o del Giardino degli Aranci, ma ha quel fascino underground tipico delle periferie delle grandi città, dove protagonista della veduta non è la classica cupola rinascimentale, ma la torre dell’orologio dell’albergo Rosso.
Da qui inizia la scalinata che conduce a Piazza Ricoldo da Montecroce e una volta qui giunti, voltandosi, si ha un colpo d’occhio davvero incredibilmente romantico! Capisco perché è chiamata la “scala degli innamorati”.
Siamo di fronte alla fontana Carlotta, uno dei luoghi più rappresentativi del quartiere e si dice che il volto di donna che sormonta la fontana sia proprio della famosa ostessa, ma è molto consumato e non si riesce a ravvisare qualche somiglianza con quello che invece troviamo sulla facciata di un palazzo, nella vicina piazza Geremia Bonomelli, con tanto di inequivocabile indicazione che la definisce “La Garbatella”.
Girando l’angolo, sullo stesso palazzo, si legge sul muro un invito che suona molto strano: “Vota Garibaldi Lista n. 1”, caspita! È una scritta che risale alle elezioni del 1948 ed è riuscita miracolosamente a resistere per tutti questi anni, anche se recentemente, a causa di un errore, era stata coperta, con una passata di vernice, da un addetto del decoro urbano del dipartimento SIMU, che era sul posto per cancellare dei graffiti ingiuriosi. Fortunatamente è stata prontamente restaurata e ripristinata. La lista era quella del Fronte Popolare, contrapposta all'epoca alla Democrazia Cristiana ed aveva come simbolo il volto di Garibaldi.
Altro sito importante che merita però una visita a parte, è il Parco di Commodilla, all'interno del quale si trova un importante luogo archeologico: le Catacombe di Commodilla, risalenti all'incirca al IV secolo d.C. Passeggiare alla Garbatella è una sorpresa a ogni passo. Tra le vie di questa Garden City alla romana, progettata dagli architetti Piacentini e Giovannoni, si scoprono architetture di ogni sorta, insoliti scorci nel verde, viottoli e villette.
Insinuatevi nei cortili, tra nani da giardino e panni stesi ad asciugare, piante che si arrampicano sui portici e palazzetti che sembrano piccoli castelletti in miniatura, dove al posto degli stemmi di famiglie nobiliari, compare il simbolo ICP (istituto case popolari) a ricordarci il paradosso di questo piccolo miracolo architettonico, in questo quartiere romano che è una piccola città nella città.

 


(Claudio Colajacomo - I love Roma)

(Claudio Colajacomo - Il giro di Roma in 501 luoghi)


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