La Fontana di Trevi

dicembre 07, 2020

 

Girando per Roma, sarà inevitabile arrivare, prima o poi, a Fontana di Trevi. Raccontiamo allora qualche piccola curiosità che la riguarda. Le guide specializzate si occuperanno di raccontare la storia della fontana, del suo architetto, del committente e del significato dell’intera scenografia acquatica. Noi, guardando la fontana, suggeriremo altre letture. Intanto quella musicale, perché la fontana di Trevi ha una sua voce, perfino troppo imperiosa, da ascoltare, come suggerisce Ottorino Respighi, al “meriggio”, quando il giorno rallenta e i toni iniziano a smorzarsi. Nel poema sinfonico "Le Fontane di Roma", il noto compositore include lo squillare dei corni di Tritone e Nettuno che padroneggiano la scena della grandiosa fontana di Nicola Salvi. È proprio l’autore che fa precedere la composizione da note esplicative, utili alla lettura del brano, che riportiamo testualmente: “Un tema solenne appare intanto sul mareggiare dell’orchestra. È la fontana di Trevi al meriggio. Il tema solenne passando dai legni agli ottoni, assume un aspetto trionfale. Echeggiano fanfare: passa sulla distesa radiosa delle acque il carro di Nettuno tirato da cavalli marini e seguito da un corteo di sirene e tritoni. E il corteo si allontana mentre squilli velati echeggiano a distanza”. 


Dovremmo ascoltare la fontana, più che vederla, una sorta di danza condotta con i fagotti, clarinetti e corni, per poi intrecciarsi con un dialogo di ottoni, fino all’arrivo in crescendo dell’organo, che segna il passaggio del carro maestoso del dio Oceano, preannunciato dai Tritoni, che conducono alla briglia due cavalli marini, l’uno scalpitante e riottoso, presagio di tempesta e metafora della giovinezza, l’altro mansueto e tranquillizzato dal suono del corno, che placa l’ira delle onde, metafora della vecchiaia.


Oceano in trono sullo sfondo di una reggia ricca di colonne, è collocato in posizione dominante su una grande conchiglia, simbolo di Teti, la più bella delle Ninfe, sua sposa, è la rappresentazione allegorica e continua dell’origine della vita e di ogni essere vivente. L’acqua è fluido vitale che si riproduce costantemente sotto lo sguardo attento delle statue dell’Abbondanza e della Salute, collocate sulla parete del palazzo. 


Si tratta dell’acqua vergine, captata dalle sorgenti sulla via Collatina, intorno all’ottavo miglio, e condotta fino in Campo Marzio da Agrippa, genero di Augusto, con il sesto acquedotto della città. Spicca alla vista un curioso e grande vaso alla sinistra della fontana, lungo il muro di contenimento. Sembra una coppa, privo di una simmetrica presenza dalla parte opposta e una storia, più o meno probabile, vuole che il manufatto fosse stato posto in quella posizione con uno scopo preciso: impedire la vista dell’opera a un barbiere, che aveva la sua bottega sul lato della piazza e, forse a causa dei pochi clienti, perdeva il suo tempo a criticare e passare consigli, non richiesti, alle maestranze addette ai lavori e allo stesso architetto.


Sembra che Nicola Salvi, spazientito da tanta presunzione e invadenza, abbia deciso di sfregiare a lui, e solo a lui, la mirabile vista della scenografica mostra dell’acqua, tenuto conto, alla fine, che era stata poco apprezzata. Fece sistemare un imponente "asso di coppe" (come lo ribattezzarono subito i romani) che tutt’ora troneggia indisturbato sul posto, proprio in corrispondenza della bottega del noioso soggetto.


(Rinaldo Gennari - Stravaganze romane)

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