Come altre città, anche Roma ha
la sua Ruota degli esposti; è ancora oggi bene visibile presso l’ex complesso
ospedaliero di Santo Spirito in Sassia, a due passi da piazza San Pietro, unico
ospedale di Roma fondato da un papa. Grazie alla bolla Inter opera pietatis
del 19 giugno 1204, l’ospedale Santo Spirito era sorto sulla plurisecolare Schola
Saxonum, dove dall’VIII secolo trovavano alloggio i pellegrini inglesi a
Roma. Le fonti dicono che Innocento III, meravigliato dall’ospizio per i poveri
ammalati, fatto costruire da Guido da Montpellier, fondatore della
congregazione degli Ospedalieri di Santo Spirito, non volesse lasciare alla
Francia il primato delle opere caritatevoli e si fosse deciso a dotare anche il
centro della cristianità di istituti per il ricovero di poveri, infermi, vecchi
e bambini abbandonati. Non sappiamo se sia stato il solo spirito di
competizione a ispirare il papa, ma la leggenda vuole che il pontefice sia
rimasto scosso da un sogno: un angelo era apparso al Vicario di Cristo,
denunciando le colpe di quelle madri disgraziate, che solevano gettare nel
Tevere i corpicini dei neonati appena partoriti. Sogno o no, di certo il papa
era rimasto a dir poco suggestionato dalla pratica diffusa di annegare nel
fiume i bambini indesiderati, oppure di gettarli in mezzo al letame, in strada.
Del resto, fin dai tempi dell’imperatore Costantino, abbandonare un neonato era
un crimine nella città eterna. Con il codice di Giustiniano, il Corpus Iuris
Civilis, emanato nel 529, l’abbandono di un bambino veniva equiparata
all’infanticidio e chi se ne macchiava poteva essere condannato a morte. Ma,
anche nell’antichità, la colpa dell’abbandono era delle sole donne. Nel mondo
romano, la patria potestas aveva dato ai padri, forti del cosiddetto ius vitae
e necis, il diritto di uccidere i figli di sesso non desiderato;
abbandonandoli, le madri non facevano altro che tentare disperatamente di
evitare che le loro creature fossero soppresse alla nascita. Altre volte,
invece, era l’estrema povertà che costringeva le madri ad abbandonare i propri
neonati. Grazie all’opera di Innocenzo III, la Roma cristiana ha ora
l’occasione di ripudiare per sempre i crimini contro l’infanzia abbandonata e
il nuovo ospedale di Santo Spirito in Sassia dovrebbe essere il fiore
all’occhiello nell’accogliere, sfamare e offrire un rifugio a tanti innocenti
reietti. La carità cristiana impone anzitutto di salvarli da morte certa. Venne
così costruita una struttura per mezzo della quale le madri potevano, in modo
del tutto anonimo, abbandonare i loro piccini affidandoli alle cure
dell’ospedale di Santo Spirito. La ruota è un piccolo cilindro girevole di legno
che collegava la strada con l’interno dell’ospedale, le madri adagiavano i
piccoli sull’apertura del cilindro, ricoperto da un tetto spiovente,
probabilmente per riparare dalla pioggia le povere creature e poi facevano
girare la ruota permettendo al personale religioso di prelevare il neonato da
uno sportellino. Accanto alla ruota c’era una campanella, per avvertire che era stato deposto un neonato e allertare le suore dell’ospedale affinché andassero
a prenderlo. Il nuovo arrivato veniva avvolto in un drappo azzurro, consegnato
alla Priora delle Balie e segnato su un piedino con doppia croce e nuovamente
esposto nella ruota per una eventuale adozione. Se nessuno prendeva la creatura, i piccoli rientravano in ospedale e venivano registrati come filius m. ignotae,
figli di madre ignota, dalla cui storpiatura popolare, nacque poi una nota,
volgare, offesa: “figli di mignotta”. Da quel momento diventava figlio della
Casa e cominciava la sua nuova vita. La ruota si può vedere tuttora. E accanto
si trova ancora una cassetta per le ELEMOSINE PER LI POVERI PROIETTI
NELL’OSPEDALE, come è scritto sopra. Proietti, giacché venivamo “proiettati”
nell’edificio; termine da cui nasce un noto cognome, come anche Esposito, che
deriva dal termine “esposto”.
(Michela Ponzani, Massimiliano Griner - Donne di Roma)
(M. Silvia Di Battista - Roma curiosa)