Corviale, il Serpentone

aprile 28, 2021


Disteso placidamente al sole in cima a una collina, l’enorme complesso appare come un lungo serpente grigio-bianco che domina la campagna romana. Da queste parti lo chiamano, per l’appunto, il “serpentone” mentre chi non l’ha mai visto l’ha mitizzato come “il palazzo lungo un chilometro”. Nuovo Corviale, questo il nome al catasto capitolino, è una sagoma inconfondibile, lungo, per l’appunto, un chilometro, con oltre 21 accessi, che disegna lo skyline della Portuense e uno dei luoghi più controversi di Roma. Per alcuni sarebbe un obbrobrio fatiscente da abbattere; per altri, costituirebbe un pregevole pezzo d’architettura moderna e un tentativo di edilizia residenziale della metà degli anni Settanta da recuperare e valorizzare. Da sempre, insomma, è oggetto di discussione e di attenzione da parte dei media che lo associano quasi solamente a fenomeni di criminalità organizzata, traffico di droga e prostituzione. Eppure, la sua storia parte da un’idea più che meritevole. A metà degli anni Settanta, gli affitti nel centro di Roma schizzarono alle stelle e costrinsero molti abitanti ad abbandonare i loro quartieri. All’architetto Mario Fiorentino venne allora l’idea di erigere al limite occidentale della città, un grattacielo che si sviluppasse in orizzontale.


Sulla scia delle teorie del celebre architetto Le Corbusier, l’aveva immaginato come una città in miniatura, dove i residenti avrebbero vissuto, lavorato, fatto acquisti e trascorso il loro tempo libero. Progettò quindi una chiesa, una biblioteca, dei bar e persino una stazione di polizia. Con un’equipe di ventitré progettisti aveva così tirato su, per conto dell’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari, oggi ATER) due palazzoni di cemento armato lunghi un chilometro per nove piani d’altezza, con molti spazi per le aree comuni destinati a uffici, sale riunioni, scuole e varie attività commerciali. Spazi che, peraltro, furono previsti sovradimensionati per servire il quartiere circostante e venti nuovi palazzi da realizzare nella zona, per altri millecinquecento abitanti. Alle spalle del colosso e parallelo a esso aveva anche costruito un edificio più basso e un altro ancora disposto trasversalmente che avrebbero dovuto accogliere famiglie di anziani e persone con disabilità.


Le cose, però, andarono molto diversamente. I lavori di costruzione durarono sette anni, e nell’ottobre del 1982, la direzione, pressata da chi cercava casa, aprì il complesso prima ancora della consegna ufficiale dei lavori. Nel 1983, un anno dopo l’assegnazione dei primi appartamenti, si verificò la prima occupazione del complesso da parte di settecento famiglie che ne erano rimaste escluse. Alcune riuscirono a entrare con la forza negli alloggi, altre si sistemarono con le tende nel piazzale sottostante, dove rimasero per circa un anno e mezzo. Iniziò così una lenta disattenzione nei riguardi del complesso da parte delle istituzioni, che portò ad altre ondate di occupazione. Nessuno si preoccupa più dell’ambizioso progetto iniziale e il gigantesco edificio sociale va deteriorandosi negli anni.


Il colpo di grazia arrivò poco dopo, quando un’ulteriore occupazione interessò il quarto piano, il cuore del progetto iniziale, quello riservato interamente ai servizi commerciali e agli impianti collettivi. Alcuni cittadini trasformarono abusivamente quegli spazi, trasformando corridoi aperti in abitazioni private, dalle quali non si mossero più. Cominciarono gli ex baraccati, poi gli sfrattati provenienti dalle borgate più vicine, quindi i figli dei primi assegnatari che crescevano e mettevano su famiglia. Corviale, insomma, divenne un grande dormitorio, sinonimo di degrado e disagio.


Da qualche anno è però in corso un progetto di riqualificazione del quarto piano chiamato “chilometro verde” diretto dall’architetta Guendalina Salimei, e divenuto famoso per il film "Scusate se esisto", interpretato da Paola Cortellesi, che prevede l’abbattimento di ciò che esiste in quel famoso quarto piano e la ricostruzione di 103 nuovi appartamenti. Con un piano di turnazione, ogni famiglia si sposterà temporaneamente in un nuovo alloggio, finché la nuova casa non sarà pronta.


Quindi nessuno sgombero, ma trasferimenti temporanei e concordati e l’impegno da parte delle famiglie destinatarie, a pagare gli arretrati di quanto dovuto per gli anni di occupazione abusiva.

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(Annett Klingner - 111 luoghi di Roma che devi proprio scoprire)
(Gabriella Serio - Curiosità e segreti di Roma)
(roma.repubblica.it)
(romatoday.it)

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