Il Museo Napoleonico
maggio 05, 2021
In piazza di ponte Umberto I a
Roma c’è un piccolo museo che pochi conoscono, il Museo Napoleonico. Potrebbe sembrare
una circostanza curiosa l’esistenza proprio a Roma di un museo dedicato a chi,
in città, non riuscì a mettere piede, ma non è così. Napoleone aveva infatti immaginato
di ripristinare i fasti imperiali facendo della città una seconda Parigi
(mentre Parigi prendeva con lui l’aspetto di una novella Roma). Il suo progetto
fallì e l’imperatore a Roma non giunse mai, ma dopo Waterloo la città si riempì
di molti altri Bonaparte, quasi tutti i suoi parenti. Il museo fu infatti donato
nel 1927 alla città dal conte Giuseppe Primoli, figlio della principessa
Carlotta Bonaparte, che vi aveva raccolto insieme al fratello Luigi, i cimeli
di famiglia, proprio al fine di testimoniare gli stretti legami avuti dai
Bonaparte con Roma. Già Napoleone aveva investito il figlio, nato dal suo
secondo matrimonio con Maria Luigia d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria,
del titolo di “Re di Roma”, anche se poi la sua caduta impedì a Napoleone II di
esercitare tale potestà.
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Bartolomeo Pinelli: "Marte porta in volo alla dea Roma il Re di Roma" e "Il Tevere consegna all'aquila imperiale le armi per il Re di Roma" |
Per l’imperatore si era già scelta la dimora, il
palazzo del Quirinale, che fu appositamente rimodernato sotto la sovrintendenza
dell’architetto Raffaele Stern, anche se poi, rimase inutilizzata e ben poco
sopravvisse ai futuri rimaneggiamenti (ne resta testimonianza nei soffitti
dipinti da Felice Giani e nel fregio con storie di Alessandro del Thorwaldsen).
Già ai tempi della Campagna d’Italia il fratello maggiore Giuseppe era stato
nominato ambasciatore in città, ma fu dopo Waterloo che i Bonaparte riempirono
la città, proprio presso quel pontefice (Pio VII) cui Napoleone aveva dato tanti
dolori. La madre di Napoleone, Letizia Ramolino, i fratelli Luigi e Girolamo, la
sorella Paolina e, su tutti, il fratello Luciano, che si era trasferito nella
città eterna già nel 1804. Uno dei suoi figli fu il padre di Carlotta Bonaparte,
madre del generoso conte Primoli, che visse quindi tra Roma e Parigi e che
negli anni raccolse le opere d’arte e i cimeli oggi esposti nella casa-museo.
Dunque,
cronologicamente parlando, il primo Bonaparte ad arrivare a Roma fu Giuseppe,
che vi giunse con la moglie nel 1797, andando ad abitare presso palazzo Corsini
alla Lungara, luogo di ritrovo dei giacobini romani. Fu proprio un tumulto
provocato da questi ultimi a sfociare nella drammatica morte del cognato, il
generale Duphont, il giorno prima delle nozze, omicidio che portò poi alla
partenza di Giuseppe e all'occupazione di Roma da parte delle truppe francesi. Nel
1802 arrivò in città il generale Murat, marito di Carolina Bonaparte, che
soggiornò a palazzo Sciarra.
L’anno seguente arrivò il cardinale Fresch,
fratello della madre di Napoleone, ambasciatore di Francia presso la Santa
Sede, residente presso palazzo Lancellotti ai Coronari prima e a piazza
Colonna, presso palazzo Niccolini (oggi Ferrajaoli) poi. Dopo la caduta di
Napoleone egli occupò invece palazzo Falconieri a Via Giulia. Ancora un anno ed
ecco giungere in città Luciano, fratello e avversario politico di Napoleone. Egli
abitò prima a palazzo Lancellotti dallo zio cardinale, poi presso palazzo Nunez
(oggi Torlonia) a via Condotti. Con l’occupazione di Roma, Luciano lasciò la
città, costretto a un lungo esilio in Inghilterra. Tornò a Roma nel 1814, ma fu
costretto a vendere la sua dimora.
Paolina, sorella di Napoleone, moglie di
Camillo Borghese, si fregiava del titolo di principessa romana, ma preferì
risiedere a Parigi e trascorse solo brevi periodi a palazzo Borghese (in cui il
marito conservava, nella sua camera da letto, il celeberrimo capolavoro di
Canova), almeno fino alla caduta del fratello, quando si trasferì a Roma, a
palazzo Borghese prima e nella villa Paolina, residenza del cardinal Gonzaga a
Porta Pia, poi (oggi sede dell’ambasciata di Francia presso la Santa Sede).
Anche
la madre Letizia – Madame Mère – venne a Roma; essa risiedeva nel palazzo che
sorge all'angolo fra via del Corso e piazza Venezia, che prese il suo nome e
nel quale morì.
Il caratteristico balconcino verde in legno che ancora si vede
era quello in cui la real madre trascorreva il tempo ad osservare l’andirivieni
di via del Corso, come una qualunque vecchietta nostrana.
Nel 1823 arrivarono a
Roma altri Bonaparte: Girolamo, ex re di Westfalia, e Ortensia (figlia di
Giuseppina di Beauharnais e del primo marito Alessandro, dunque figliastra di
Napoleone), moglie del re di Olanda. Girolamo acquistò dal fratello palazzo
Nunez, mentre Ortensia abitò nella villa di Paolina, morta l’anno precedente,
poi a palazzo Ruspoli, mentre il marito Luigi – da cui era separata – abitava a
palazzo Mancini. Il loro figlio quindicenne imparò così l’italiano e si imbevve
di cultura romana con il caro amico Francois-René de Cheteaubriand,
ambasciatore francese e grande letterato, esponente del romanticismo d’Oltralpe.
Insieme al fratello Napoleone Luigi aderì alla carboneria e nel 1831 i due
furono costretti alla fuga. Il fratello morì poco dopo di morbillo e lui
rientrò in patria con la madre. Di lì a poco diventerà imperatore con il nome
di Napoleone III, o “Napoleone il Piccolo”(come lo chiamava Victor Hugo).
Insomma,
se anche Roma non divenne mai la seconda Parigi sognata da Napoleone, essa fu
per un ventennio il salotto dei Bonaparte. Potete farvi un’idea di tale epoca e
dei volti che la videro passare in questo piccolo museo sulle sponde del
Tevere.
(Flavia Calisti - La storia di Roma in 100 luoghi memorabili)
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