Mura Aureliane: Porta San Giovanni e Porta Asinaria

dicembre 28, 2020

 

Da Porta Maggiore prendiamo via Casilina; vedremo che, poco dopo, una deviazione sulla destra, ci porterà, sempre costeggiando le mura, a uno dei punti più suggestivi delle mura Aureliane, quello in cui si mostrano in tutta la loro imponenza, grazie alla quasi totale integrità della struttura. Ancora una volta assistiamo a un inglobamento di “salvataggio”. Siamo vicino a Santa Croce in Gerusalemme ed è facile notare che qui le mura seguono un andamento a semicerchio, che è quanto rimane dell’anfiteatro castrense.


Si tratta dell’unico anfiteatro di Roma antica, oltre al Colosseo, le cui rovine sono arrivate fino a noi. Costruito alla fine del II secolo, l’edificio, grande circa la metà del Colosseo, era a tre ordini di arcate sovrapposte, murate al momento dell’inglobamento nelle mura. Il termine “castrense” identificava l’anfiteatro come luogo esclusivo per spettacoli riservati alla corte e alle esercitazioni militari. Faceva parte del grande complesso del Sessorium, che si estendeva in tutta la zona e comprendeva la residenza imperiale, il grande circo variano e le terme.


L’interno è oggi occupato dall’orto dei monaci cistercensi del convento della chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, mentre il primo ordine di arcate, praticamente l’unico superstite, è addossato al minuscolo oratorio di Santa Maria del Buon Aiuto, costruito da Sisto IV nel 1476, come ex voto, su una precedente cappella omonima, molto venerata e detta anche “Santa Maria de Spazzolaria”, per via delle numerose elemosine che qui venivano raccolte, addirittura con la scopa. Passeggiando a fianco delle mura, lungo i giardini di viale Carlo Felice arriviamo a Porta San Giovanni. Fu costruita, nel 1574, in epoca rinascimentale, per volere di papa Gregorio XIII, che ordina la ristrutturazione di tutta l’area adiacente la Basilica di San Giovanni in Laterano e la sostituzione della Porta Asinaria che, a causa del suo progressivo interramento, era diventata inservibile. 


Porta San Giovanni si presenta ad un solo fornice, con bugnatura dentata e una testa barbuta che la sovrasta, insieme all’iscrizione che ricorda il lavoro voluto dal pontefice. Come quasi tutte le porte realizzate o rifatte in epoca rinascimentale, anche questa ha perso l’aspetto più propriamente difensivo. Sembra piuttosto un gradevole ingresso alla città per chi proveniva dalla campagna romana. Attraverso di essa i romani partivano alla volta dei Castelli per le tradizionali “gite fuori porta” e tornavano felici e festanti, ebbri di vino. Tant’è che una leggenda racconta che proprio l’autore della porta, Giacomo del Duca, tornando da Frascati in compagnia del cardinale Aldobrandini con cui aveva mangiato una quantità smisurata di cocomeri e meloni annaffiati da vari e prelibati vini, durante il viaggia si sentì male e morì vicino alla porta da lui costruita. 
Un’altra leggenda popolare racconta che, proprio in Laterano, il fantasma di Erodiade, moglie di Erode Antipa e responsabile della decapitazione del Battista, presieda un sabba di streghe e che il 23 giugno di ogni anno, vigilia del giorno dedicato a San Giovanni, la porta fosse decorata e attorno a essa si svolgessero giochi e si cucinassero leccornie per festeggiare la notte delle streghe. Per cacciarle i romani accendevano i fuochi a San Giovanni e mangiavano lumache, simbolo della fine di ogni contrasto tra amici e parenti. Ma la porta originaria della Mura Aureliane era porta Asinaria, pochi passi accanto alla Porta appena descritta.


Tra le antiche porte, probabilmente, l’Asinaria era una delle più grandiose, per quello che riguardava il sistema difensivo, e vide aumentare la sua importanza con l’elezione del Laterano a sede pontificia. Inizialmente una semplice posterula, fu Onorio a conferirle l’aspetto attuale, caratterizzato da robuste torri semicilindriche, un doppio ordine di finestroni e la classica apertura a saracinesca, per una porta a prova di attacco nemico.


Ma non a prova di normanni, che da qui entrarono nel 1084 distruggendo mezza città. Per quanto riguarda il bizzarro nome, ci sono diverse ipotesi: chi sostiene che derivi dal fatto che proprio qui sostavano i somari in attesa di entrare a Roma e chi lo mette in relazione alla gens Asinia. La porta, prima interrata e poi murata per lungo tempo, è stata riaperta nel 1956 ed è caratterizzata dal rivestimento in travertino del fornice, sovrastato dalle finestre originali della camera di manovra, ottimamente conservata, così come i camminamenti interni e la corte fortificata. Attualmente è una delle poche visitabili (dopo richiesta di permesso alla Soprintendenza archeologica) e permette di comprendere al meglio come funzionasse la cinta difensiva romana.


(Sabrina Ramacci - 1001 cose da vedere a Roma)
(Giulia Fiore Coltellacci – 365 giornate indimenticabili da vivere a Roma)

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3 commenti

  1. Un refuso ha scombinato il senso. "Come quasi tutte le porte realizzate o rifatte in epoca rinascimentale, anche questa ha PRESO (O FORSE ha PERSO ?) l’aspetto più propriamente difensivo...
    Bell'articolo

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  2. Grazie, si era decisamente PERSO ...Vado a correggere! tanti auguri di buon anno ;)

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  3. ahahah anche in questa frase una virgola messa male ha scombinato di nuovo il senso!! si, era decisamente PERSO

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